18 novembre 2004

SETTIMO SENSO

In una grigia giornata d'autunno è difficile evocare i colori e i suoni dell'inverno. Difficile entusiasmarvi. E' difficile riuscire a farvi pensare ai milioni di riflessi della neve, all'azzurro del cielo invernale, ai suoni ovattati che inghiottiti dalla bianca coltre non riescono a rimbalzare nell'aria. A ben pensarci la neve è un elemento che si può sentire o immaginare con tutti e cinque i sensi. Provo a spiegarmi, seguite la mia traccia. Con la vista possiamo percepire la differente attitudine a riflettere la luce dei cristalli di neve e indirettamente, percepirne la consistenza. Con l'udito possiamo apprezzare lo scricchiolio della fredda neve invernale che si compatta sotto i nostri piedi oppure il "whoom" sinistro e inquietante che a volte, in mezzo a un pendio, ci ricorda che è la Natura Madre ad avere sempre l'ultima parola. Possiamo sentire il sapore e perfino l'odore della neve polverosa quando contro la nostra volontà, magari per una caduta, la sentiamo infilarsi nelle nostre narici oppure in gola. Chi è sopravvissuto a una valanga conosce bene il sapore acre della neve che come un coltello fende il palato e la trachea. Ma anche chi più gioiosamente ha provato almeno una volta a tuffarsi a capofitto in uno spesso strato di neve polverosa, ne conosce il gusto. E poi sappiamo riconoscere la morbida consistenza della polvere oppure la cristallina scabrosità del firn. E' fin troppo facile immaginare la sensazione tattile della nostra pelle che sfiora la neve. Eppure c'è qualcosa in più, qualcosa di misterioso e sfuggente che a fatica riusciamo a mettere a fuoco quando, specie in una giornata fuori stagione, ci sforziamo di pensare a noi felici che scivoliamo lungo i fianchi di una montagna. Ci sono almeno altre due sensazioni che, a ben vedere, siamo in grado di percepire scivolando in neve fresca: una è la combinazione delle forze e delle pressioni che interagiscono con i nostri neuroni e ci permettono di organizzare il movimento. Parlo dell'azione. Gravità, velocità. Provate a pensare all'insieme delle sensazioni che bombardano il vostro cervello proprio mentre sentite i vostri attrezzi scorrere sul pendio, non sopra ma dentro la neve leggera. Non è forse un sesto senso questo, combinazione equilibrata dei precedenti e privilegio di percezione di ogni "soul rider"? Altro che tecnica. Istinto.
E poi c'è un ulteriore stadio nella percezione del mondo per un libero sciatore: il "settimo senso". Difficile tentare di spiegarvi o di descriverlo nero su bianco questo ultimo, supremo senso. Specialmente prima che la prima curva in fresca della stagione abbia soffiato sul fuoco che vi arde dentro. Potete anche dirmi che sono pazzo o visionario. Può darsi. Ma io so che esiste e che anche voi l'avete a portata di mano, questo settimo senso. È un privilegio. È la consapevolezza di tutto questo. E' la capacità di comprendere che la sensazione di armonia con la natura, con le stagioni, con noi stessi e con gli altri che percepiamo sciando su una montagna d'inverno, è un dono prezioso. Uno dei fini ultimi della nostra esistenza. Non è sport. Non è tecnica o tecnologia. Non è arte, o non solo questo. E' la musica della nostra anima. E' per questo che tutto quello che si vende e si compra, nel nostro piccolo mondo, sembra così squallido e inutile. Inutile come una curva su una pista sintetica. Inutile come una gara con una classifica. Inutile come un editoriale senza coraggio. Ma che stupido che sono, che ve lo dico a fare? E' da quattro anni che incrociamo le nostre tracce. Certo, che lo sapete già, cosa è il settimo senso. Che l'inverno abbia inizio.
Emilio Previtali

Tratto da FREE.Rider #15 (Editoriale)

17 novembre 2004

INCUBI DA CIELSERENO


Cielo limpido da oriente ad occidente, da ponente a levante, mettetela come volete, qui si fa un bel parlare ma di neve neanche l'ombra.
E' quasi inverno, lo vediamo, le foglie sono cadute, le cabrio altrui sono coperte o in garage.
Fa freddo, riscaldamenti accesi.
Segni inequivocabili, questi, eppure non tutto è al suo posto.
Basta dare un'occhiata alle webcam per accorgersi che NON è tutto OK.
Basta alzare gli occhi al cielo per capire che non va tutto bene ed anzi non va bene per niente.
Alessio -Giove Pluvio- Grosso (Meteolive) non porta liete novelle, ci narra di un fantomatico anticiclone più forte che mai, comodamente adagiato tra lo stivale nostrum e lo stretto di Gibilterra.
Un ciclopico mostro, l'alta pressione, che chiuderà l'accesso alle nostre montagne anche alla più timida nuvoletta.
Per quanto? Qualche giorno, forse qualche mese.. Chi può dirlo?
A noi non resta che pregare sperando che il nemico rossastro delle mappe perda coraggio e scelga come casa destinazioni sahariane a lui più consone.
Triste, dopo mesi (10) d'attesa, scoprirsi impotenti di fronte agli elementi.
Abbiamo voglia di avventura, di viverla, non di scriverla.
CIELO.. "PERTURBACI"!