La strada sale. Le marce sono la prima, la seconda, la terza.
Il panorama praticamente invisibile è coperto dal fitto del bosco.
Assonnati e avvolti da una strana sensazione di torpore deglutiamo la bile che sale con i tornanti e sbadigliamo per stappare le orecchie chiuse dalla pressione.
Fuori il ritmo è lento ma il rumore del motore è coperto dalla nostra adrenalinica musica e la velocità del mezzo sembra superiore.
I bastoni a fasce gialle e nere sui bordi della strada iniziano a mostrare l'altezza della neve, un livello che ad ogni tornante aumenta un po'.
Sto sognando e voglio sognare uno di quei giorni in cui le prime tre tacche dei paletti non si vedono più, coperte dalla neve bianca e marrone divisa dallo spartineve. Voglio sognare uno di quei giorni in cui tocca mettere le catene, tra parolacce e mani sporche di fango.
Ogni curva mostra pini, radure e pendii e noi immaginiamo improbabili linee che non riusciamo a tenerci in bocca, così si inizia a sognare a voce alta.
Ogni curva è avvolta da muri di neve sempre più alti, come in quelle foto anni '50 dei nostri nonni che amano ricordare "quella nevicata" come la più intensa di sempre.
Ogni curva mostra picchi dolomitici sempre più evidenti, più netti e meno nuvolosi.
Ogni curva è uno spettacolo, nonostante l'ora, nonostante la bile, nonostante i chilometri e le due ore di strada già percorse.
Ogni curva è il pensare a come sarà, poi, lassù.
Un amico mi ha detto: "Ho voglia di tornanti".
Se solo sapesse quanta ne ho io...
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